BACKSTAGE
Abbiamo chiesto alle persone come si vive, cosa si pensa, cosa si scrive fissando sempre le stesse 4 mura durante una quarantena. Queste sono le storie che ci hanno raccontato. Ora noi le raccontiamo a voi.
AL DI LÀ DELLA QUATTRO MURA
Rebecca Romanò
“Le mie quattro mura domestiche sono, in senso orario rispetto al mio posto preferito della casa, una fila rada di cipressi che mi separano dalla valle sottostante, con le loro punte mosse dal vento; un albero imponente pieno di aghi con la corteccia strana, e una montagna verde sullo sfondo; un pendio con un abete da cartolina di Natale e un cancello che porta a disordinati terrazzamenti di ulivi; un cortile animato da quadrupedi di tutte le taglie e bipedi altrettanto eccentrici, un pioppo centenario con la corteccia ruvida, talmente grosso che neanche l’umano con le braccia più lunghe del mondo riuscirebbe ad abbracciarlo.
Ci vuol coraggio a chiamarla quarantena: vivo nel posto più bello. Vedo un giardino rigoglioso in parte già vestito a primavera. I ciliegi in fiore ondeggiano trafitti dal vento – una costante, in questo posto -, i fiori selvatici fanno a gara per essere i migliori, i rami ancora spogli del noce e degli ippocastani sbattono tra di loro suonando la batteria. Vedo una gatta silenziosa aggirarsi per trovare un cantuccio indisturbato illuminato dal sole, un gallo diffidente che pensa di essere una gru e se ne sta immobile a fissare gli umani con una zampa sollevata, e un cane che sbadiglia, probabilmente annoiato di non poter fare la guardia e sentirsi forte agli occhi dei passanti. Sento un asino ragliare a intermittenza, in base a quante coccole vuole, e uccellini sincronizzati sulla loro melodia, sempre diversa e sempre sinfonica.
Nonostante tutto ciò, anche in questa casa risuona ogni sera il bollettino che nessuno vorrebbe sentire. E la cosa più frustrante – oltre al non poter uscire e a dover rinunciare all’essenza dell’uomo, la socialità – è non poter farci nulla.
Le mie colonne d’Ercole non possono rimanere alla fine di questo giardino: non sarebbe appagante. Ma oggi si può essere Ulisse stando sul divano, e dobbiamo restarci per tutto il tempo necessario.
Poi, sarà tutto ancora più bello, come tutte le (prime) volte.”