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La miglior fortuna GIAPPONE 2018

di gaetano
la miglior fortuna

La miglior fortuna
GIAPPONE 2018

Annamaria Bruni

Sono cresciuta con una strana convinzione: credo sempre che in un futuro prossimo succederà qualcosa di grandioso.
Da tempo questa illusione mi consola contro i momenti negativi della vita.
Dopo un’inaspettata vittoria a un concorso pochi anni fa, annuncio arrivato via mail, questa aspettativa è cresciuta ancora di più.

Quando sono andata a Tokyo nel 2018 per ritirare il famigerato premio con gemello e Alessio a seguito, ho avuto la possibilità di visitare un tempio molto famoso, il tempio di Senso-ji.
In una mattinata calda e afosa di agosto con un’umidità del 150 %, camminiamo verso il tempio attraverso le bancarelle che vendono ogni sorta di pupazzetto giappo e souvenirs.
Ci sono anche quelli dello Studio Ghibli! Il mitico Totoru, la fuliggine, Kaonashi in ogni versione.
Calze, tazze, borse, spille, cartoline TUTTO.

Alessio, mentre piango la mia condizione di pezzente che vorrebbe comprarsi l’intero mercatino ma non può, mi trascina per i capelli, unghie che strisciano sul pavimento e faccia a terra piangente. Mi riprometto di ritornare al più presto milionaria. Giungiamo al tempio.
Davanti a noi una marea di turisti che scattano foto, controllano il risultato, storcono il naso, riposizionano e riscattano.
Così in loop per svariati metri.
Io con la mente a Totoru e la borsa fuliggine mi godo poco il tempio.

C’è un caldo insopportabile, sento in continuazione queste goccioline di sudore che scendono verso il basso su tutto il corpo, gambe comprese, e mi viene voglia di urlare e denudarmi come una lottatore di Sumo.
Poi con l’umidità i capelli sono diventati un unico blocco cresposo, che ricorda molto la lana d’acciaio che si usa per le pentole.
Mi guardo in una finestra e mi ritorna in mente “Cinghiale, la grande marca”
“Per una pentola grande non ci vuole una lana d’acciaio grande, ma una grande lana d’acciaio…Annina”

Vabbè- Visitiamo il tempio e mi accorgo che un gruppetto di giapponesi si è fermato di fronte a una distesa di cassettini di legno dove prendono dei foglietti random, ridono o si rattristano e vanno via. Mi avvicino.
Si tratta del famoso Omikuji!

In Giappone si trova spesso presso i tempi, e ha la funzione di Oracolo.
L’omikuji può prevedere una grande fortuna o una grande sfortuna, ma ha anche livelli intermedi di oscuri presagi e grandi felicità.
La procedura prevede lo shekeramento di una scatola di metallo piena di bambù numerati, progettata per farne uscire solamente uno. .
Accanto alla scatola si trova una sorta di cassettiera e su ogni cassetto è indicato un numero: bisogna cercare il numero corrispondente a quello del bastoncino e aprire il cassetto per trovare il proprio omikuji.

Manco a dirlo, eccomi che shekeravo con tutta la mia forza la scatolina con gli occhi a stella, mentre Alessio sospirava affianco. Convinco anche lui a farlo, e agita che ti agita, ecco che andiamo alla ricerca del nostro cassettino.
Io apro il mio e Alessio il suo.
Spesso l’Omikuji è scritto solo in giapponese e non prevede una traduzione, ma questo, in un tempio cosi affollato da turisti, ce l’ha. Sul retro c’è scritto n°90 – the best fortune.

In Giapponese viene tradotto con 大吉 (Dai-Kichi)“Grande Benedizione”. Leggo la piccola traduzione in inglese e ci sono diverse frasi tra cui: “if you are sincere and honest, your desire will be successfull by blessing”
“You will come back with a lot of treasures by boat”
“Wherever you go, you will be happy”

Vicino a me c’è una coppia di giapponesi che sbircia, emettendo gridolini di approvazione.
Gli chiedo gentilmente di leggere il foglietto e dirmi che cosa ne pensano, ed entusiasti dicono “ Very Good! Lot’s of luck! ”
Felice come Totoru quando mangia mi dicono che devo conservarlo perché mi porterà molta fortuna.
Sventolandolo il mio Omikuji mi dirigo verso Alessio

“Aleee hai sentito cosa hanno detto?!? La miglior fortu…”
Lo vedo attapirato che tiene il suo foglietto che prevede oscuri presagi e sciagure imminenti. Oddio!!!
Per tutti i sakurambo.
Bè, lo credo, con l’entusiasmo con cui hai agitato la scatolina era prevedibile, comunque.
In ogni caso i giapponesi hanno pensato a tutto, come sempre, che Dio li benedica.

Secondo la tradizione infatti l’omikuji sfigato deve essere annodato ad un ramo di pino situato nei pressi del tempio, (in una notte di luna piena e con il lupo che ulula nel promontorio) e abbandonato li.
La peggior sfortuna verrà assorbita dall’albero e il presagio nefasto può cosi lasciare il povero malcapitato.
In mancanza di Pini vicini (che saranno già morti a furia di omikuji funesti) in ogni tempio e santuario mettono a disposizione dei visitatori dei punti in cui attaccare gli omikuji negativi.

E con questo rito terminiamo la nostra visita all’oracolo, con tanto d’inchino.
Ora dopo aver trovato questo prezioso omikuji sono tornata in Italia con una consistente aspettativa nei confronti del fato, sfregandomi le manine.
“Grandi tesori! – Mi ripetevo – Comunque anche se arrivano via iban e non via barca va bene lo stesso. Chissà magari grandi vincite a grandi concorsi….”

Ho comprato una bella cornice e l’ho appeso al muro.
Ogni volta che qualcosa in ambito lavorativo va storto, a ogni mail di lavoro negativa (tante) e ad ogni risposta dei concorsi che comincia con -Sorry to inform you. Unfortunately you are not -We regret that“ (troppe)  gli rivolgo un’occhiataccia pensando “Embè???  Sta miglior fortuna? Guarda che ho visto un pino poco distante, eh!”

L’Omikuji mi guarda ma non favela.
Ultimamente visto la collezione d’indicibili sfighe che mi sono capitate ho incominciato a riflettere un po’ sul significato di questo Omikuji.
E se la miglior fortuna non arrivasse mai? Se fossi qui in attesa di qualcosa che non succederà? Come la mettiamo?
Una vita intera spesa a pensare che arriverà sta boat with tesori e magari rimango con una pigna in mano. Pensa un po’ che delusione. E se invece…. io avessi già questa miglior fortuna e non sapessi vederla? Non ci avevo mai pensato.

Da che mondo e mondo l’animo umano è sempre alla spasmodica ricerca della felicità, e spesso crede fermamente che malinconia o tristezza possano essere spazzate via da eventi esterni, che spesso non arrivano mai.
Leopardi era uno dei miei autori preferiti a scuola, e condividevo il suo pessimismo cosmico. Però NO.

Vale la pena lottare per qualcosa, non siamo condannati all’infelicità eterna e grazie alla natura possiamo comprendere perché siamo al mondo, anche soltanto se fosse per essere creati e distrutti da essa stessa, vale la pena vivere per l’abbraccio di una madre, le fusa di un gatto, il saluto al cagnolino che passeggia, l’acqua salata che ti bagna il viso, le risate con gli amici, il sorriso di un bambino che mangia la tua torta.
Voglio essere grata di ciò che ho, della fortuna che possiedo oggi, adesso, senza anelare tesori e riconoscimenti, senza attendere onori e compensi futuri, che nulla tolgono al mio valore vero e intrinseco. E smetterla di lamentarmi.
Quando mi sembrerà che il pino del vicino è sempre più verde il mio Omikuji rimarrà appeso a ricordarmi il contrario.

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Annamaria Bruni

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