La fotografia che non ho scattato
IRAN 2019
Ho tante immagini in testa, fotografie che non ho potuto fare, e le ricordo tutte perfettamente. Una mi è rimasta impressa più delle altre.
Nella strada verso Heris, alla ricerca del tappeto perfetto, (che finirà poi con l’acquisto di un vecchio tappeto pulcioso ad Ahar, ma che spaccerò come antica e preziosa proprietà dello Scià), abbiamo sbagliato strada e siamo finiti in un piccolo paesino, tra sconfinati campi di grano.
Nella stradina sterrata il camper procede lento e incrociamo un’unica persona.
Un esile vecchietto si accosta ai lati della strada per farci passare. Lentamente il camper gli si affianca e me lo ritrovo davanti.
In un deserto di rughe la pelle cotta dal sole tende a un colore marroncino, mentre con le mani stringe un’usurata falce.
Mani grinzose, che probabilmente lavorano la terra da anni, mentre nascoste dalle pieghe del viso gli occhi mostrano un bagliore di curiosità e stupore verso di noi.
In quel momento, così veloce ma anche così lento, il mio occhio ha fatto click.
Ed ha archiviato per sempre nella mia memoria questa immagine perfetta, armoniosa, dura e poetica.
Un uomo, il suo mestiere, la natura sconfinata, e quel senso di pace che non riesco a trovare.
GALLERIA FOTOGRAFICA
Annamaria Bruni