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Convivere con il virus. Una playlist

di Mille Battute

BACKSTAGE

Abbiamo chiesto alle persone come si vive, cosa si pensa, cosa si scrive fissando sempre le stesse 4 mura durante una quarantena. Queste sono le storie che ci hanno raccontato. Ora noi le raccontiamo a voi.

CONVIVERE CON IL VIRUS. UNA PLAYLIST

Alberto Del Giudice

Sabato 4 aprile 2020 · 3 minuti 18 letture L’amore intubato

“Where Can I Go Without You”. Forse non è tra i pezzi più belli suonati da Keith Jarrett, ma mi piace l’idea che sia eseguito da un duo insolito. Il pianista è accompagnato solo dal contrabbasso di Charlie Haden. Insolito come noi due. Tuttavia, mentre tra loro c’è un accordo perfetto, noi due non ci sopportiamo. Tu mi stai uccidendo, mentre io combatto per vivere. E non pensavo di essere così tanto attaccato alla vita fino a quando non ti ho conosciuto. Comunque ora dobbiamo convivere per forza. Ordini dall’alto.

Ma perché mi metto a parlare con te? Che cosa sei? Be’, qualunque cosa tu sia “Are You Going With Me?” Ecco un altro brano che fa al caso nostro. Forse non è tra i pezzi più belli eseguiti da Pat Metheny. Eppure ci sta. C’è un crescendo che, vista la situazione, combacia quasi perfettamente con il mio stato d’animo. Entrambi i brani dovrebbero suggerire delle storie d’amore, un po’ disperate, ma storie d’amore. Mentre a me tocca avere a che fare con che cosa?

È la Fase 2, bellezza. Su Spotify sboccia in automatico un brano di Ludovico Einaudi. Passo oltre. Lo detesto. Cazzo Allevi! Un’epidemia di mediocrità. Clicco allora sul tasto Forward. Vade retro Allevi! “One Day I’ll Fly Away”. Ancora Keith Jarrett e Charlie Haden. Bellissimo pezzo. Ma, insomma, non è ancora il momento per volare via, maledetto convivente.

Respiro a fatica, ma desidero con tutte le mie forze rivedere te. Tu che canti di fronte a me, in modo quasi sfacciato. Prima e dopo che abbiamo fatto all’amore. A volte lo facevi prima per eccitarmi. Altre volte dopo, mettendo sul fuoco il caffè. Nuda davanti ai fornelli, riempivi la caffettiera d’acqua, pulivi il filtro, annusavi l’aroma del caffè. Ridevi. Era prima della Fase 2. Molto prima persino della Fase 1. Pat Metheny attacca con “Au Lait”. Mi viene quasi da piangere. Quanti anni abbiamo trascorso insieme? 45, 47? Ora mi tocca convivere con quella cosa lì che ti ha portata via. Almeno 47 anni. Certo. Ci siamo conosciuti a Parigi.

Ed ecco Oscar Peterson. Pianista negro prende la mira e spara “Hymn to Freedom”. Lo swing che manda a fanculo con un inchino il Ku Klux Klan e tutti gli altri idioti.

Cara, dicono, che muoiono solo i vecchi con patologie pregresse. In poche parole non contiamo più un cazzo. Tu te ne sei andata via rapidamente. E forse è stato un bene. Io devo affrontare la Fase 2. Convivere con il virus. Ma a questo in fondo sono più preparato dei nostri cari nipoti. E provo a fare ascoltare loro “The Second Page”, eseguita dallo Esbjorn Svennson Trio. Sembra strano questo Jazz a temperature tanto fredde. Eppure tutto è così irrimediabilmente freddo.

Ti lascio addormentare per sempre. E mi addormento con “You Must Believe in The Spring”. Domani magari mi risveglio con il sole. E tu ancora canti e ridi nuda svitata svitando la macchinetta del caffè. Cara, dicono che muoiono solo i vecchi. Ma noi eravamo così giovani cazzo.”

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