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Il silenzio

di Mille Battute

BACKSTAGE

Oggi abbiamo chiesto alle persone come si vive, cosa si pensa, cosa si scrive fissando sempre le stesse 4 mura durante una quarantena. Queste sono le storie che ci hanno raccontato. Ora noi le raccontiamo a voi.

IL SILENZIO

Silvia Berri

Non ho idea di che giorno sia. Il cellulare dice il quattro di aprile.
È ormai da un mese che sto in casa con Ginger che per la verità vedo poco: lui può uscire e celebra la primavera e l’amore a modo suo. Ogni tanto torna, graffiato sul muso, ma disinfettargli le ferite è un’impresa impossibile. Raramente si fa accarezzare o coccolare di questi tempi: credo senta per istinto che sto bene e vive sereno la sua vita da felino.
Ancor più che con il mio gatto, sono qui spesso insieme al Silenzio che mi parla in ogni attimo. Mi piace questo dialogo continuo, è pieno di confessioni, di segreti: il Silenzio vede la realtà in un modo diverso, ha un linguaggio tutto suo per raccontarla.
L’ho incontrato molti anni fa, in un periodo davvero buio della mia esistenza, l’ho sempre ascoltato poco: mi faceva paura, c’era qualcosa di inquietante e misterioso nel modo in cui mi guardava.
Sentivo la sua presenza e se potessi disegnarlo, lo dipingerei un bell’uomo dall’aspetto austero e giovanile, capelli corvini, riccioli fino a terra, le mani grandi e gli occhi scuri, neri come il buio profondo.
Per molto tempo non sono riuscita a guardarlo in faccia, talvolta ci ho provato, ma il suo sguardo ipnotico, senza dubbio attraente, mi dava l’impressione di perdermi in un luogo sconosciuto privo di confini, avevo la sensazione di dovermi difendere, così distoglievo l’attenzione.
Il Silenzio passava ore intorno a me, ovunque andassi era lì.
Abbiamo vissuto molti mesi studiandoci con circospezione, abituandoci un giorno alla volta alla reciproca presenza negli stessi spazi; talvolta mi sorrideva, io arrossivo. In tante occasioni avrei voluto che mi accarezzasse e al desiderio lui rispondeva, ma quando si avvicinava troppo gli gridavo di non toccarmi e molto rispettoso, si ritraeva. Eppure ero così sola.
La prima volta che siamo entrati in contatto più stretto è stato in una notte di pece: un ricordo pieno di lacrime e paura, di lenzuola stropicciate e incubi insonni; mi ha accarezzato la testa, mi ha asciugato il volto con una dolcezza rara.
Non avevo più forza di gridare, né di oppormi, così si è potuto avvicinare, lo ha fatto con delicatezza e rispetto.
Al mio risveglio era già andato via.
Sentivo nel cuore una profonda pace, una nuova gratitudine e anche un po’ di nostalgia, mi mancava.
Da allora la mia vita ha ripreso ad essere serena.
Il Silenzio è tornato a trovarmi altre volte, ho smesso di temerlo e ho iniziato a scoprirlo, a comprenderlo, mi ha insegnato il modo in cui parla e ha iniziato a raccontarmi dei suoi viaggi, di quello che vede, degli spazi in cui vola.
Nel tempo la sua presenza è diventata indispensabile e infine mi sono innamorata di lui, di ogni minuscola ruga ben visibile, a guardarlo da vicino, sulla sua pelle abbronzata; dei suoi capelli bianchi, pochi, ma che ha anche lui: è un’anima antica, la sua, è saggio, è un maestro.
Ora non mi spaventa più guardarlo negli occhi, anzi mi ci perdo volentieri.
Non so se questo amore sia corrisposto, ma in realtà m’importa poco.
Nell’ultimo mese in tutto il mondo il Silenzio si è preso molto spazio: ha zittito le strade, i cieli, il vociare continuo di molti esseri umani, le grida negli stadi, il rumore delle fabbriche e dei cantieri, si è preso anche molte risate e ha regalato pace a tante inquietudini. Ha lasciato la libertà ad altre musiche: al suono sommesso della primavera nascente, allo scorrere dei fiumi, alle onde del mare, al rumore della pioggia e al canto dei delfini, alle canzoni sui balconi nelle città, alle chitarre nelle case, alle note di pianoforte nell’aria.
Questo potere gliel’ha dato una creatura molto più piccola di lui, una creatura molto pericolosa.
Semplicemente, il Silenzio si è preso il suo spazio ed è molto facile trovarlo, così lo cerco spesso.
Per esempio, stamattina ci sono fin troppe macchine in strada, per i miei recenti nuovi gusti, certo meglio delle ambulanze, ma ora avrei bisogno del Silenzio, mi fa stare bene. – – Sai, Silenzio, stamattina non ti trovo e mi manchi un po’.
– Ehi ciao. Sono sempre qui dietro la porta di casa tua e busso, ma se non mi apri, non posso entrare. Per natura ho la voce molto bassa, devi tendere bene le orecchie; ma non le solite, le orecchie speciali.
Poi ride. Ride come il vento tra le foglie, come una campana lontana, ride cristallino e sicuro di sé: si porta sulle spalle il bagaglio poetico del viaggiatore, pieno di fascino e storie.
Il Silenzio è uno spirito libero e va dove gli pare, ha visto e conosciuto molti luoghi. Mi piace la sua presenza nella mia casa e ciò che racconta.
Gli apro la porta e lo guardo, mi emoziono sempre quando arriva: oggi ha un aspetto più sciupato del solito e sembra molto stanco.
– Che c’è piccola?
Mi fa impazzire quando mi chiama piccola.
– Niente di che, vorrei che tu restassi qui per un po’.
– Eccomi, con te resto volentieri. Ho da fare ultimamente, in tanti mi chiamano di questi tempi, solo che non mi ascoltano: quando vado a portargli compagnia, mi riempiono di rumori, si inventano di tutto per farmi andare via; ma perché mi hanno cercato, allora?Almeno tu mi sai accogliere ed ascoltare.
– Non tutti hanno le orecchie speciali per sentirti e non a tutti piace quello che dici. Del resto, mica possiamo piacere a tutti.
– E cosa ti piace di me, quando sono qui?
Me lo chiede in un modo triste, è un po’ deluso e mi viene naturale rincuorarlo un po’:
– A me piace la sensazione di vuoto che porti con te, in realtà è pieno.
Svuoti con le tue carezze la mente dai pensieri troppo rumorosi, fai pulizia così mi sento in pace. Mi rigenero.
– Mi sa che capita solo a te, gli altri hanno paura del vuoto.
– Beh ma io ti amo e mi hai già salvato la vita in altri momenti con questo tuo modo di fare.
Il Silenzio arrossisce e me la rido di nascosto.
Lo abbraccio e mi entra nel cuore. Sì, mi entra nel cuore, è il suo posto preferito e lui ha una forma mutevole: può essere grande e concreto, sembra di poterlo toccare, o può essere molto piccolo e stare in una goccia d’acqua, può essere etereo e leggero, energia pura: sceglie la forma più giusta per le circostanze, può farlo, appartiene alla sua natura. – Stai un po’ lì che di posto ce n’è.
– Sì, sto bene qui. Mi riposo un po’.
Si è addormentato: è bello.
Il suo respiro profondo si unisce al mio.
Sospiro.
Mi basta poco per entrare nella pace.
In questo stato vedo ovunque bellezza e il tempo non esiste più.
Dentro di me, il Silenzio fa il suo lavoro: spazza via un pensiero difficile, una preoccupazione, un’ansia.
Mi siedo sui gradini del cortile: c’è un’aria che profuma di buono, i fiori sono pieni di sole, le foglie di vita, gli uccellini cantano una musica sublime.
I confini si dissolvono e vedo luce, colori mischiati ai profumi: immersa mi lascio trasportare. Chiudo gli occhi e resto lì, respiro insieme al Mondo.
Lontano, lontanissimo, ovattato , qualcuno mi sta telefonando e molti scrivono sui gruppi di WhatsApp. Guardo dopo.
Da un luogo dentro di me, dal petto, nascono immagini, ogni pensiero è scomparso: le parole inutili cadono, una lettera alla volta, e in questo vuoto c’è uno spazio senza fine.
Il Silenzio probabilmente ha iniziato a sognare e mi sta parlando, è il suo modo per entrare in comunione con me. Piace molto ad entrambi sentirci una cosa sola.
Una parte di me sta andando via dal cortile, viaggia e osserva. Leggera.
Strade e piazze vuote, rabbia in ogni angolo del pianeta, persone e istituzioni che litigano, i commenti tristi di chi rimpiange le code in tangenziale, il dolore umano di chi perde qualcuno senza un saluto, una carezza, senza stringergli la mano; dilaga la frustrazione di stare in casa, non poter andar fuori, non poter abbracciare, baciare, uscire a cena, bersi un caffè al bar e chissà quant’altro.
Un’onda nella mia pancia, uno tsunami pieno delle emozioni di tutti sembra voglia travolgermi, eppure mi tocca soltanto in parte: una magia mi permette di prendere la giusta distanza, di vitale importanza per la mia salute e per resistere in questo momento, che dura da giorni, senza precedenti, dicono.
O meglio, senza precedenti che io abbia conosciuto.
Ma il Silenzio ne ha conosciuti altri, mi racconta.
Più che “andrà tutto bene” direi che già ora “va tutto bene”.
Sembra così assurdo, fuori luogo che io mi senta così.
Cambierà tutto, è il momento giusto.
Molto di ciò che conosco crollerà, si frantumerà in schegge di vetro, si scioglierà come vapore, sparirà come la neve al sole. Non ci sarà mai più.
Nulla sarà mai più come prima di questi giorni difficili. Nulla. In apparenza, forse, ma non nella sua essenza.
È inevitabile che questo accada prima di ogni Rinascita, prima di questa che già annuso nell’aria: ha l’odore della fenice che brucia e risorge dalle sue ceneri.
Forse sono fortunata: la mia pelle me lo ricorda ogni giorno, da dieci anni, lei cade e poi si riforma molto più veloce della pelle degli altri. Sono abituata e quindi non mi sconvolge, l’ho accettata, mi appartiene.
Mi sento da tempo come il serpente che fa la muta, non senza dolore, ma resta vivo e si crea sempre una pelle nuova, su misura, più forte, più bella. Molte altre creature lo fanno, per loro è naturale.
Questo ciclo di nascita, morte e rinascita è una verità che ho tatuata sul corpo, è impossibile non vederla.
Oppure basta guardarsi intorno tutti i giorni: lo ricorda ogni bruco che muore rinascendo farfalla, gli alberi che si spogliano e si rivestono a primavera. Lo ricordano sole e luna, giorno e notte: si susseguono in apparenza sempre uguali eppure ad ogni alba e ad ogni tramonto portano qualcosa di diverso che cambia tutto di continuo.
Ciò che si trasforma è vivo, ciò che resta immutato è morto.
Sono Viva e questo mondo lo è insieme a me, sta solo cambiando.
Non avverto Paura.
Semmai un po’ di disagio, ho una sensibilità differente dagli altri, difficile da raccontare; sarà per questo che sto così bene con il Silenzio, per qualche ragione lui comprende.
Mi sto trasformando per l’ennesima volta e non mi disturba.
Ogni attimo diventa infinito e avverto soltanto lo scorrere incessante della Vita.
Tutto il resto dorme e tace.
Faccio visita a tante persone in questi momenti, tutte quelle che non posso toccare: il Silenzio è eterno, mi amplia il respiro e il respiro mi ingigantisce la coscienza.
Sono qui ma sono ovunque voglia andare.
Vorrei gridare a tutti come si fa.
Mi piacerebbe che tutti fossero in pace dentro di sé e potessero viaggiare e congiungersi ad altri con i loro cuori, le loro anime espanse, pur restando in casa.
Vorrei vedere le lacrime diventare sorrisi e la separazione diventare unione, la rivalità diventare collaborazione, la paura diventare coraggio e il cinismo diventare fede, una fiducia limpida e incondizionata in ciò che non possiamo capire con le nostre menti affollate di pensieri ma che pure ha un senso.
Vorrei vedere un mondo nuovo e che lo vedessero tutti. Mi sembra già di sorprenderlo che si sporge in questa emergenza, in questa tragedia che ci unisce: focolai di unione e collaborazione si accendono in tanti luoghi, pubblici e privati, senza gridare spengono altri focolai di ira, divisione e incomprensione, sono più forti.
Questo mondo, ora, assomiglia molto all’arcobaleno che compare quando piove e insieme c’è già il sole: è in un momento di passaggio, da ciò che era a ciò che sarà.
Sono Idealista e non so nasconderlo più.
Mi domando e domando come posso fare io, così piccola, a condividere questa capacità che ho di trasformare, come poter dire a tutti che chiunque può farlo, se vuole. Davvero chiunque.
Ma il Silenzio sta dormendo e non mi risponde.
La voce di una gazza mi riporta in cortile, sui gradini. Riapro gli occhi e c’è una penna bianca, forse di una colomba, davanti a me.
Sono certa che prima non c’era: mi sembra di vederla fluttuare nell’aria, entrare in un calamaio e scrivere su un foglio.
Ecco.
Potrei scrivere, almeno, magari su della carta che poi brucio, così vola in cielo e arriva alla gente.
Sto un po’ qui, ancora un po’, in questo stato che mi riempie di gioia, di entusiasmo quieto: le forme riprendono il loro posto, i confini tornano a delinearsi.
Sono di nuovo qui, ora, ovunque io sia andata.
Il campanello del citofono suona e io rientro, chissà che ora è. Qualcuno del condominio apre il portone, credo al corriere.
È bella anche la mia casa, seppur caotica e in disordine: è viva e piena di ricordi dipinti in ogni angolo.
Certo che però c’è una gran confusione qui: potrei fare ordine, le pulizie, potrei ripassare le lezioni del corso online che sto facendo o fare un lavoretto che devo fare, potrei fare il pane, o una torta, potrei meditare, potrei cantare, potrei danzare.
Potrei, ma.
Il Silenzio si sveglia piano, sbadiglia e con calma mi domanda una coccola e un caffè.
– Ben svegliato.
– Buongiorno piccola. I tuoi pensieri, quando ritornano, sono un po’ rumorosi, eh. Se hai da fare posso andar via.
Lo dice ridendo, mi conosce molto bene, sa che son fatta così.
– No, resta: pensavo solo a cosa potrei fare, ma non ne ho voglia. Preferisco bere un caffè con te.
Accarezzo i suoi capelli arruffati e i suoi occhi neri sono felici, ha un’aria molto riposata.
– Posso restare qui ancora un po’?
– Certo, per me puoi restare qui tutto il tempo che vuoi e fare quel che vuoi.
– Dove sei stata mentre dormivo?
– Non saprei dirti dove, però ho scritto una storia.
– Che bella idea. Me la leggi?
– Certo. Parla anche di te.
– Oh ma grazie, mi lusinga.
È enigmatico e non capisco se sia serio o se mi prenda in giro: mi sorprende sempre in imbarazzo.
La caffettiera borbotta.
Sto qui, con questa tazzina calda in mano a bere un caffè con il Silenzio che ora non parla e mi guarda negli occhi: i suoi sono neri, scuri e profondi come la notte che porta un rigenerante riposo.
Non sento più il rumore delle macchine per strada.
Sono leggera, felice, qui e anche altrove.
Il Silenzio mi porta sempre da qualche parte, ben lontano, anche quando dorme. Sarà per questo che lo amo.
Non ho idea di che giorno sia.
Il cellulare dice il quattro di aprile. “

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