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Viaggio al tempo del covid

di Mille Battute

BACKSTAGE

Oggi abbiamo chiesto alle persone come si vive, cosa si pensa, cosa si scrive fissando sempre le stesse 4 mura durante una quarantena. Queste sono le storie che ci hanno raccontato. Ora noi le raccontiamo a voi.

VIAGGIO AL TEMPO DEL COVID

Mariella Berti

Scusa Mariella, ho visto le tue foto, ma sei poi andata in Sudan?
Si andata e ritornata. Il ritorno non è stato poi cosi liscio. Ho cambiato volo, non più via Cairo, ma via Addis Abeba per Roma e poi in treno sono arrivata a Milano. Appena in tempo poi hanno chiuso i voli.

Dimmi, ma non ti è sembrato un po’ rischioso partire per il diffondersi del coronavirus.
A cose fatte sì, ma quando sono partita si diceva che la “bestia” era poco più di un’influenza.
Ed io per un’influenza non avevo certo intenzione di rinunciare ad un viaggio sognato da anni.
E sono partita.
Man mano che passavano i giorni, le notizie dall’Italia, poche per mancanza di connessione, non erano confortanti, ma ormai ero lì e mi sono affidata al destino e ho cercato di concentrarmi, a pieni polmoni, sulla bellezza dei posti.

Ma in Sudan non è comunque pericoloso andare per le sommosse sempre in atto?
La regione settentrionale del Sudan, nell’antichità “regno della Nubia” o regno di Kush, meta del nostro viaggio, dopo la separazione dal Sud e la Rivoluzione del 2019 è diventata una regione tranquilla, abitata da una popolazione ospitale che si è dimostrata desiderosa di parlare con noi, senza essere invadente.

Trovarmi in Egitto, fuori dall’Egitto, in una terra con tante piramidi e misteriosi geroglifici, nella terra dell’oro da cui arrivarono i faraoni neri mi ha dato una carica che mi serve ora per affrontare questo terribile presente.
Non ti voglio raccontare di quello che ho visto, come gli sconosciuti siti archeologici del Nord, e quelli più noti: il sito del Jebel Barkal, le tombe di El Kurru, e quelli del periodo meroitico con le piramidi di Meroe e i templi di Naga e di Musawwarat. Tutte meraviglie.

Perché, io non li conosco. Ma dimmi cosa ti è rimasto più impresso?
Lo sterminato deserto occidentale, con vaste distese di dune e soprattutto il silenzio, interrotto dal sibilo del vento di sabbia e il cielo stellato che osservavo dalla mia tenda.
Al ritorno cosa ti ha colpito?
Ho trovato un mondo diverso. Un mondo che è cambiato per sempre. Sconvolgente, come minimo.
Continuo a pensare al silenzio del deserto che è ben diverso da quello che vivo ora, chiusa in casa, interrotto dal sibilo delle autombulanze. E da casa mia non vedo le stelle.

Cosa pensi, ritorneremo alla normalità?
Mi auguro di no, perché la normalità era il problema

Un abbraccio grande ai miei compagni di viaggio: Antonella, Giovanna, Giuseppe, Massimo, al cuoco Barakat, alla guida e ai tre autisti (nomi difficili da ricordare, ma persone da non dimenticare)”

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