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Lacrime secche

di Mille Battute

BACKSTAGE

Abbiamo chiesto alle persone come si vive, cosa si pensa, cosa si scrive fissando sempre le stesse 4 mura durante una quarantena. Queste sono le storie che ci hanno raccontato. Ora noi le raccontiamo a voi.

LACRIME SECCHE

Stefania Falasco

“Il tempo non ha più forma. È notte, buio e il battito accelerato mi sveglia. Tendo le orecchie, per carpire il rumore confortante degli uccelli fuori. Ma non li sento, è ancora presto.
Cerco di controllare il respiro e di tenere a bada la mente. Se il cervello si sveglia, è finita. Vorrei restasse muto, a riposo, che non ricominciasse a lavorare, a rimuginare e riportare a galla le recenti immagini dei telegiornali. Vorrei che ascoltasse il corpo, che supplica riposo, che vorrebbe rimanere disteso, immobile, fermo nel tempo.
Desideri di normalità. L’immobilità di questo tempo sospeso è angosciante. L’illusione che finisca presto s’affievolisce e mi precipita a fondo, sempre più giù. Sento di annegare.
Lacrime secche su palpebre gonfie ad ogni risveglio.
Gesti quotidiani per rimanere in bilico sul filo. Sotto, il vuoto. Rituali inutili, senso di impotenza.
Rinchiusi in una gabbia sicura, inutili a chi ha bisogno. Energie sprecate a restare a galla in un appartamento troppo piccolo, ma non di metratura.
Sforzi insignificanti, lillipuziani, che svaniscono davanti alla lotta per la vita, ai sacrifici di missionari in camice.
Vecchi immaginati dietro i vetri di parcheggi umani, nascosti agli occhi frettolosi e indaffarati dei tempi moderni. Sofferenze raccontate e rivissute, un incubo che ritorna. Una generazione che scompare, inghiottita dal silenzio rotto solo dalle sirene.
Siamo tutti attaccati a un respiratore mentale e l’ossigeno si sta esaurendo.
Tutto il mondo fuori. La compagna solitudine che diventa stretta, come un maglione di lana lavato male.
Mondo virtuale, solo una brutta copia di quello reale. Sensi assopiti. Il bisogno di annusare, toccare, sentire l’aria diventa impellente e assume la forma di un salvagente, a cui aggrapparsi per continuare a sperare che ci ritorneremo davvero, lì fuori.
Allora, un aereo da prendere, un visto sul passaporto, un sipario che si apre e un nuovo spettacolo che comincia.
Nuovi mondi da scoprire, nuovi volti, liberati dalla gabbia delle mascherine. Sorrisi per troppo tempo celati che non si devono più nascondere. Mani ruvide che tornano a toccarsi e a cercarsi. Narici che si riempiono di odori, come polline nei fiori. Sapori speziati, gusti eccentrici che risvegliano l’anima. Sguardi caldi che sostituiscono quelli diffidenti. E abbracci, tanti tanti abbracci che sciolgono tensione e paura e fatica, come un sole tiepido che scalda, piano e poi sempre più convinto, la nostra Madre Terra.
Ci torneremo davvero, lì fuori. Perché non posso immaginare un finale diverso da così.”

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