Home StoriePEZZI DI STORIA Saigon, città dell’oblio VIETNAM 2003

Saigon, città dell’oblio VIETNAM 2003

di gaetano

Saigon, città dell’oblio   
VIETNAM 2003

Saigon, città dell’oblio, dove le donne acquistano di prezzo, dove le puttane guadagnano più dei dottori, dove nei grandi alberghi alloggiano i generali con i loro seguiti imponenti.

Saigon, con i viali alberati, le baracche che la circondano, in un’ingiusta e nauseabonda giungla urbana.

Saigon, città dell’oblio, dove la mafia francese va a braccetto con le società segrete cinesi per un controllo totale della notte, dove si sopravvive a suon di tangenti per il corrotto governo di Thieu.

Saigon, città dell’oblio, con i bar affollati di marines e di armi automatiche. Le sigarette all’oppio, le salette per i massaggi, le massaggiatrici adolescenti, i bagni turchi, l’LSD, le luci ultraviolette, il whisky invecchiato sette anni, i poster fluorescenti, i Doors a tutto volume, l’onnipresente mama San, i suoi occhi da ruffiana senza cuore, gli spacciatori sulla Tu Do, i pornoshop, i venditori di foto oscene, gli hamburger, i frullati alla banana, il cioccolato, le patatine fritte, la lacca per capelli, i dock di Canh Hoi, l’aria impregnata di marijuana, le stanze che rimbombano al ritmo di All Along The Watchtower, le stanze a vapore, le stanze umide sul retro, le stanze economiche, le ragazze in minigonna, le ragazze khmer dalla pelle bruna, i disertori, i fuorilegge, i matti, i contrabbandieri, i disperati, le moto da cinquanta cc, le Honda, le Suzuki, le Yamaha.

Saigon, città dell’oblio, mercato di denaro, di donne, di potere, di armi, di droga.

Saigon, mercato orientale di segreti. Baluardo dorato dell’Impero, oasi sovraffollata di paranoie guerriere, di soldatini affamati di vita, ansiosi di strappare qualche ora di follia alle principesse della notte.

Saigon, città dell’oblio. Traffico di armi, soffiate, esplosioni in pieno centro, biciclette rotte. Mondo torbido e complesso di informazioni e bestemmie, strade sature di pettegolezzi e bugie, angosce, panico, auto abbandonate, sciacalli, il presidente Big Minh, insediato da quarantotto ore che annuncia la sconfitta alla radio.

Saigon, città dell’oblio, dove la gente parla sottovoce, dove i poliziotti si sbarazzano della propria divisa, dove la folla si mescola ai giovani soldati venuti dal nord, dove i trafficanti del mercato nero vendono le loro ultime mercanzie prima di fuggire insieme ai soldatini corrotti verso l’ambasciata a stelle e strisce.

Saigon, città dell’oblio, città che non esiste più. Alle 12.15 il cancello viene sfondato da un carro armato. Un gruppo di genieri corre verso la scalinata d’entrata. Il primo tiene alta sopra la testa la bandiera del Nord Vietnam. Pochi minuti e la stessa bandiera sventola all’ultimo piano del palazzo.

Saigon, città dell’oblio, muore. Diventa Ho Chi Minh Ville. E’ il 30 aprile 1975.

E oggi, ventisette anni dopo questi gloriosi momenti, Ho Chi Minh Ville continua ad espandersi, a rigenerarsi e a ricrearsi. E’ impregnata di confusione e vivacità ed è impossibile sottrarsi a questa energia contagiosa. L’esotico e l’abbandono, Pham Ngu Lao e il mercato coperto di Ban Thanh, il Museo dei Crimini di Guerra Americani, il Palazo della Riunificazione, la pagoda di Giac Lam, il parco di Cong Vien Van Hoa e gli squisiti tagliolini del Binh Soup Shop.

Ho Chi Minh, città vitale, pulsa di mille energie. Immersi negli aromi dei chioschi all’aperto e delle grandi orchidee del vivaio nel distretto di Thu Duc. Aggrediti dai tubi di scarico dei motorini. Ammaliati dall’armonia e dalla dignità che si può osservare ad ogni angolo di strada, anche nella grande bidonville che costeggia il fiume o nei bassifondi di Cholon.

Saigon è morta. Il Vietnam ha vinto.

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